Haiku

Cos’è un Haiku ?

Forse un componimento indefinibile, dove le cose non dette possono valere più di quelle dette. Dove il tempo può essere immobile, o correre a perdifiato. Ma dove la presenza della natura è sempre viva e palpitante..

Nati in Giappone nel XVII secolo, probabilmente sono figli dei “Renga”, le poesie a catena. Queste ultime, più antiche di circa due secoli, alternavano due tipi di strofe. La prima composta da tre versi di 5,7,5 sillabe (o per essere più precisi “more); la seconda da due versi di sette sillabe.

Ecco gli Haiku si fermavano alla prima. 5,7,5 diventavano allora i numeri “magici” per comporli, tenendo però ben presente che nella lingua giapponese le regole grammaticali e fonetiche sono ben diverse da quelle occidentali.

Pertanto le traduzioni per quanto eccellenti, non potranno mai restituirci il loro vero significato originale.

Altra regola dell’Haiku è la presenza di un “kigo”, ovvero di un riferimento stagionale (evidente o nascosto) all’interno del componimento.

Tra gli scrittori più apprezzati di questo genere letterario troviamo Matsuo Bashō, Yosa Buson, Kobayashi Issa e Masaoka Shiki.

Le nubi di tanto in tanto
ci danno riposo
mentre guardiamo la luna.

(Matsuo Basho)

Le gabbie

Tutti gli uomini ormai sono divisi in gabbie.

Se nasci in una certa gabbia parli una certa lingua, la pensi in un certo modo, proprio perchè in quella gabbia sei stato istruito. Se fossi nato in un’altra gabbia parleresti un’altra lingua e le tue opinioni sarebbero molto diverse.

Il solo nascere al di là o al di quà di un confine geografico, magari distante anche solo pochi chilometri, può determinare quello che sei e quello che sarai.

La materia prima è sempre la stessa. A cambiare è unicamente il modo di plasmarla.

Antistene

Filosofo, allievo di Gorgia e poi di Socrate, visse a cavallo fra il quarto ed il quinto secolo a.C. e viene considerato uno dei fondatori del “cinismo”.

Essendo di madre “Tracia” e di padre “Ateniese” era considerato un cittadino a metà.

Questo fu uno dei motivi per cui andò ad insegnare, dopo la morte di Socrate, al ginnasio di Cinosarge (trad.Cane Agile), appena fuori dalle mura di Atene. Questa scuola era infatti dedicata all’istruzione dei figli illegittimi e i figli di madre non ateniese.

Generalmente il termine “cinismo” viene poprio ricondotto al nome del ginnasio dove Antistene insegnò, ma non è una ipotesi del tutto certa. Secondo alcuni , invece, la derivazione va fatta risalire al greco kýōn kynós, ‘cane’, in quanto uno dei seguaci di Antistene fu Diogene di Sinope, che così veniva soprannominato.

Lo storico e scrittore greco Diogene Laerzio ci ha fornito la lista delle numerose opere di Antistene, ma purtroppo a noi ne sono pervenuti solo pochi frammenti e anche di incerta origine. Pertanto spesso il suo pensiero risulta essere più frutto di interpretazioni che di studi reali. Comunque sembra appurato che la sua forma di scrittura preferita fosse quella del dialogo. Così come che le sue opere fossero incentrate più sul popolo che sui potenti. Che sia per questo che la maggior parte di esse è andata peduta ?

I Cinici furono comunque i rappresentanti di una filosofia “popolare” che continuò a sussistere per molto tempo nell’ambito della cultura greca, nonostante i filosofi di un certo spessore si contassero sulle dita di una mano; le loro teorie ispirarono anche il genere “satirico”, mentre alcuni loro insegnamenti andarono a confluire nelle dottrine degli Stoici.

Antistene mantiene comunque lo spirito critico del suo maestro Socrate, ma si sente di vivere in una società corrotta e spesso artificiale. Per cui sembra rifiutare sillogismi e vacui esercizi dialettici, che non portano a niente. Per puntare ad un più concreto empirismo e ad un ritorno se possibile ad uno “stato naturale”, privo di lusso ed inutili bisogni.

Uno dei suoi principi chiave era la necessità di essere autosufficienti, cioè in parole povere di non aver bisogno di nulla. Attraverso l”autocontrollo e la rinuncia ai beni materiali luomo diventa uguale agli dei nella sua indipendenza.

Bacchettò poi duramente tutte le conquiste di politici e condottieri; fama, fortuna e potere, erano per lui non solo inutili, ma perfino dannose. Tutti i regimi, compreso quello democratico ateniese, erano per lui contro natura.

E per finire andò contro anche a tutte quelle credenze superstiziose connesse ai culti religiosi, contrapponendo al politeismo voluto dalle leggi degli uomini, una forma di monoteismo quasi panteistico, secondo il quale esiste un dio unico, il quale non assomiglia ad alcuna cosa visibile, e non può essere rappresentato con alcuna immagine.

Alla domanda su cosa un uomo dovrebbe sognare, Antistene rispose: “La cosa più beata per un uomo è morire felice”.